“Non si è mai troppo piccoli per fare la differenza”
(Greta Thunberg)
Negli anni, l’attenzione verso il tema della sostenibilità ambientale è aumentata notevolmente, e così l’urgenza di azioni concrete. Ridurre la propria impronta ecologica dopo la pandemia è diventato più importante per il 56% della popolazione a livello globale - in Italia la percentuale sale al 68%, soprattutto per i Millennial (71%) e per la Gen Z (62%). Sempre nel nostro Paese, si nota che le nuove generazioni nutrono un elevato interesse per le tematiche legate all’ambiente (siamo al 39% per Millennial e ben al 45% per la Gen Z).1
Chi può parlare del futuro del nostro pianeta se non le nuove generazioni? Quel che sarà del mondo che abitiamo, è - di diritto - materia per i più giovani. Non avrebbe quindi dovuto stupirci, qualche anno fa, la foto di una ragazzina - Greta Thunberg - intenta a parlare davanti ai più grandi leader mondiali durante la COP24, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Eppure, quell’immagine ha suscitato grande scalpore. Questo perché i giovani spesso incontrano difficoltà e ostacoli nel fare ascoltare la propria voce, anche quando reclamano un futuro più sostenibile.
I dati, però, rivelano anche un potenziale paradosso. Se da un lato, infatti, i più giovani appaiono più preoccupati per il futuro dell’ambiente rispetto agli adulti, dall’altro non sempre le loro azioni quotidiane sembrano rispecchiare quello in cui credono: ad esempio, si impegnano meno delle altre generazioni nel riciclo e nella riduzione dello spreco alimentare, dell’energia, della plastica e dell’acqua, mostrando poca proattività in fatto di gesti concreti e poca fiducia nel proprio contributo individuale.1 Un divario tra intenzioni e azioni che GenZer e Millennials devono impegnarsi a colmare, per il proprio futuro e per quello del pianeta.
Un futuro sostenibile è possibile solamente con il contributo di tutti, a prescindere dalla fascia d’età. Raggiungere la parità intergenerazionale nelle azioni per il clima è importante: più ci avviciniamo a questo obiettivo, più idee e pratiche utili per migliorare la salute del nostro pianeta saranno applicate e condivise. Da prospettive diverse può nascere un cambiamento collettivo.
Attualmente nel mondo ci sono molti giovani attivisti che danno un contributo importante: manifestano durante i Fridays for future, partecipano alle conferenze in vista della COP26 e mettono l’ambiente e la politica più in alto nei propri interessi. Anche in Italia, alcuni attivisti si sono particolarmente distinti: Federica Gasbarro – 25 anni, scelta dalle Nazioni Unite come rappresentante italiana al vertice climatico della gioventù – e Martina Comparelli, 27 anni, portavoce dei Fridays for future a Milano. L’Italia, inoltre, ha siglato il “Kwon gesh”, ossia la promessa di coinvolgere i giovani nelle politiche ambientali ed ha introdotto nelle scuole l’educazione alla sostenibilità e al clima per sviluppare questa consapevolezza fin da piccoli.
Le nuove generazioni, giorno dopo giorno, dimostrano voglia di agire e collaborare con le aziende per fare davvero la differenza. La pretesa non è di fare tutto e subito, c’è la consapevolezza dell’esistenza di tempi tecnici, ma dall’altra parte c’è la volontà di dare il proprio contributo. Oggi, le aziende hanno l’opportunità strategica di coinvolgere i giovani nelle loro azioni pro-clima, offrendo loro quella FIDUCIA che fino ad oggi gli Stati e i potenti non sono stati in grado di riconoscere loro. Da un lato i brand possono mettere a disposizione strumenti e risorse per costruire insieme ai giovani il mondo di domani, dall’altro i giovani possono restituire innovazione e creatività nella materia che più di ogni altra gli compete: il futuro del mondo.
Articolo a cura di Eleonora Pizzocri – “infiltrata” di Year Zero, il Next Gen Lab di Edelman Italia